I dispositivi impiantabili uditivi si suddividono in due categorie: impianti cocleari e impianti non cocleari (o protesi uditive impiantabili).
Gli impianti cocleari rappresentano un settore di grande rilevanza per la sanità pubblica, in quanto interessano un grande numero di pazienti pediatrici e si configurano come una tecnologia molto avanzata e di notevole impatto sulla qualità di vita. Il numero di interventi, più che raddoppiato nell’arco di 20 anni, comporta un impatto economico sul sistema sanitario nazionale non trascurabile, stimabile in oltre 20 milioni di Euro all’anno. A ciò si aggiunge l’attuale presenza di una discrepanza ragguardevole a livello regionale nell’accesso alle cure e la difficoltà nel recuperare le evidenze sulla sicurezza dei dispositivi impiantati.
Gli impianti non cocleari sono una categoria di dispositivi di ausilio uditivo meno numerosa ma più complessa rispetto agli impianti cocleari. Nonostante la numerosità limitata, esiste tuttavia già un’enorme variegatura che rende la loro classificazione difficile; inoltre, è un numero destinato ad aumentare e il costo di alcuni di essi si sta avvicinando a quelli degli impianti cocleari.
Sono questi i presupposti che hanno motivato gli esperti del settore a richiedere di considerare all’interno della cornice del RIPI l’istituzione di un Registro nazionale per permettere la registrazione degli interventi e acquisire dati di effectiveness e sicurezza di tutti i dispositivi impiantati.
Come primo passo per dare avvio alle attività richieste per l’implementazione del Registro è stato costituito il Tavolo tecnico degli esperti che si pone i seguenti obiettivi:
- realizzare una mappatura dell’attività di implantologia dei dispositivi impiantabili uditivi attraverso l’analisi dei dati contenuti nelle Schede di Dimissioni Ospedaliera (SDO);
- definire l’outcome del registro, in base ai risultati di un’analisi della letteratura e all’esperienza maturata da altri registri simili, in particolare quello francese;
- selezionare le variabili cliniche integrative alla SDO (minimum data set) utili per descrivere gli interventi e quindi per la raccolta dei dati del registro;
- valutare il modello di flusso informativo da implementare su scala nazionale.